Foto Pilone | |
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Descrizione |
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Ricorrenza: Madonna Addolorata: 15 settembre; San Giuseppe: 19 marzo; San Rocco: 16 agosto; S. Cuore: venerdì successivo all’ottava del Corpus Domini
Ubicazione: all’angolo fra la strada dei Mosi e la strada vecchia per Chieri Epoca di costruzione: si presume sia stato fatto erigere nel 1886. Motivo della dedica: non si conosce. Si presume, però, sia stato fatto costruire da don Lorenzo Migliore in onore di San Rocco, patrono delle frazioni Mosi e Mosetti, a protezione della borgata e dei lavori agricoli. Forme di devozione: in passato tutti gli abitanti della frazione si radunavano la sera davanti al pilone per la novena in onore della Madonna Addolorata, che si concludeva con una solenne festa il 15 settembre. Ora la devozione, ancora molto viva nei borghigiani, che si rivolgono all’Addolorata con confidenza filiale, si manifesta solo più in forme private. Stato attuale di conservazione: buono, anche se il pilone è esposto ai pericoli della strada. Essendo infatti situato in prossimità di una leggera curva, all’incrocio con la Strada Vecchia per Chieri, oggi percorsa da traffico intenso, è stato danneggiato alcune volte. Nel mese di luglio 2005 è stata rubata la statua della Madonna Addolorata, mentre quelle di San Rocco e San Giuseppe erano già state rubate in precedenza.Nel mese di maggio 2006 è stata collocata una nuova statua della Madonna, come quella che già era stata rubata. Si nota inoltre anche un quadro raffigurante la Sacra Famiglia. Proprietà attuale: Migliore Felicita e Giovanni, della frazione Mosi. |
Cenni agiografici |
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la Madonna Addolorata è Maria ai piedi della croce, momento in cui la Madre del Cristo crocifisso diventa Madre del Corpo Mistico, nato dalla croce. La memoria della Vergine Addolorata ci chiama a rivivere il momento decisivo della storia della salvezza e a venerare la Madre associata alla Passione del Figlio e vicina a Lui innalzato sulla croce. Come madre, Maria accetta o subisce implicitamente la sofferenza di Cristo, in ogni momento della sua vita. La devozione, che precede la celebrazione liturgica, ha fissato simbolicamente a Sette i dolori della Corredentrice, corrispondenti ad altrettanti episodi narrati dal Vangelo: la profezia del vecchio Simeone, la fuga in Egitto, lo smarrimento di Gesù a 12 anni, il viaggio di Gesù sul Golgota, la crocifissione, la deposizione dalla croce e la sepoltura. Ma poiché l’oggetto del martirio di Maria è il martirio del Redentore, dal secolo XV si ebbero le prime celebrazioni liturgiche sulla “Compassione” di Maria ai piedi della croce, collocate nel tempo di Passione, o dopo le festività pasquali. Nel 1677 l’ordine dei Serviti, interamente dedicato alla devozione della Madonna ottenne l’approvazione della celebrazione liturgica dei Sette Dolori della Vergine, che durante il pontificato di Pio VII venne accolta nel calendario romano (1814) e ricordata nella terza domenica di settembre. Pio X fissò la data definitiva del 15 settembre, conservata nel nuovo calendario liturgico, che ha mutato il titolo della festa, ridotta a semplice memoria: non più “Sette Dolori di Maria”, ma meno specificamente e più opportunamente: “Vergine Maria Addolorata”.
Le fonti biografiche che riguardano S. Giuseppe (il cui nome significa “Dio accresce”), sposo della Beata Vergine Maria, sono soltanto quelle riportate nei Vangeli di Matteo, che si concentra su Giuseppe, e di Luca, che narra le cose dal punto di vista di Maria. Fatto importante della vita di quest’uomo è il suo matrimonio con Maria. Secondo alcuni Vangeli apocrifi, pare che la giovane donna avesse scelto proprio lui perché il bastone che teneva in mano fiorì miracolosamente, mentre quelli degli altri aspiranti alla sua mano rimasero secchi (così come si nota dallo stesso celebre dipinto dello “Sposalizio della Vergine ” di Raffaello Sanzio, conservato alla Pinacoteca di Brera). Morì probabilmente prima dell’inizio della vita pubblica del Redentore. Nel 1479, per opera del Papa francescano Sisto IV, la memoria del 19 marzo fu inserita nel Calendario Romano. Col passare degli anni la devozione si diffuse in tutto il mondo, tanto che già nel 1555 San Giuseppe fu eletto patrono del Messico e nel 1678 protettore delle missioni in Cina. Nel 1726 San Giuseppe fu incluso fra le litanie dei Santi e l’8 dicembre del 1870 Pio XI proclamò S. Giuseppe patrono della Chiesa universale, mentre Giovanni XXIII inserì il suo nome nel Canone Romano (1962) nel corso del Concilio Vaticano II. E’ protettore dei lavoratori (carpentieri, ebanisti, falegnami), dei papà e delle famiglie cristiane, dei moribondi, degli economi e dei procuratori legali. E’ invocato per una buona morte e contro le tentazioni carnali. Il suo emblema è il giglio. Non esiste un racconto attendibile della vita di questo santo, ma si presume che San Rocco ( il cui nome significa “quiete, riposo”) nacque a Montpellier in Francia nel 1350, dal governatore della città ; alla nascita comparve sul suo petto una croce rossa: il suo nome, dunque, deriverebbe da “rubeus”, rosso e non da “roc”, roccia. Rimasto orfano all’età di 20 anni, partì in pellegrinaggio per Roma. Sulla strada che lo conduceva in quella città si imbattè nel tragico spettacolo della peste (Acquapendente, Viterbo). Si offrì volontario per l’assistenza dei malati del Lazzaretto, dove operò i primi miracoli: si narra che li guarisse tracciando su essi un segno di croce. Poi proseguì la sua strada e giunse a Roma, dove un cardinale lo pregò di intercedere perché terminasse la peste. Sulla strada di ritorno verso Montpellier, a Piacenza, fu colpito dalla peste (iconograficamente rappresentata da un bubbone sulla gamba) e per non essere di peso e di pericolo per gli altri, si ritirò in un luogo isolato della campagna, presso il fiume Trebbia, a Sarmato, presso una fonte, sul terreno del nobile Gottardo Pollastrelli. Alla fonte il Santo attingeva con una conchiglia (simbolo del pellegrino medievale). Qui, ogni giorno, un cane misterioso gli portava un pane, preso dalla mensa del nobile Gottardo. Un giorno questi seguì il cane e trovò San Rocco: lasciò tutte le sue ricchezze e il Santo divenne il suo maestro spirituale. Tornato a Montpellier lo zio Guglielmo non lo riconobbe, venne arrestato, perché creduto una spia, e incarcerato fino alla morte. La sua cella fu sempre invasa da una grande luce e verso la fine della sua vita ebbe una visione e chiese di essere lasciato solo per tre giorni, trascorsi i quali fu ritrovato morto (1378). Quando fu esaminato il corpo, gli fu trovato sul petto un segno a forma di croce che indicava che era il figlio del governatore precedente. Sul capo si trovò una tavoletta con una scritta che diceva che chi, malato di peste, avesse fatto ricorso a lui, sarebbe guarito immediatamente. Fu celebrato un funerale pubblico e sulla tomba avvennero numerosi miracoli. Un’altra vita narra invece che venne arrestato come spia e che morì in prigione ad Angera, località che ha poi rivendicato la sua tomba e i miracoli connessi. A Venezia, nell’omonima chiesa del XV secolo, e ad Arles sono conservate reliquie del santo. Non fu mai canonizzato. Vi sono più di 3000 cappelle e chiese a lui dedicate in Italia; 64 paesi in Italia e 16 in Polonia sono dedicati a lui. E’ invocato contro il colera, le malattie contagiose, le pestilenze, i disastri naturali. E’ protettore di cavatori, pellegrini, viaggiatori, piastrellisti. Selciatori, lastricatori e bestiame. Protegge le viti dalla filossera, che è la “peste” della vite. I suoi emblemi sono la conchiglia del pellegrino, il bastone, il petaso, ampio cappello da pellegrino, la tavoletta con la scritta e la bisaccia; indossa il tipico mantello da pellegrino (chiamato sanrocchino) e spesso viene ritratto con il suo cane. A volte è nell’atto di sollevare la veste per mostrare il segno della peste all’inguine. Con il termine Sacro Cuore si intende la devozione verso Gesù Cristo in cui il cuore è inteso come l’espressione soave del suo amore verso tutto il genere umano. Questa devozione comparve per la prima volta nel XIII secolo, in particolare negli scritti che raccontano le rivelazioni fatte a S. Gertrude (1256-1302), monaca benedettina del monastero di Helfta, in Sassonia. Il reale impulso alla diffusione della devozione venne ad opera della suora della Visitazione di Paray-le-Monial, S. Margherita Maria Alacoque (1648-1690). La santa ebbe la grazia di incontrare più volte Cristo, il quale le si manifestava in tutto il suo splendore che irradiava dal cuore. Nell’ultima rivelazione Gesù le espresse il desiderio che fosse istituita una festa in onore del Sacro Cuore, in riparazione per tutti gli oltraggi patiti; essa doveva essere celebrata il venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini. Un ruolo importante nella diffusione di questa devozione fu svolta anche dagli scritti di Claudio de la Colombière e dall’opera di San Giovanni Eudes. |
Caratteristiche architettoniche ed iconografiche |
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Inizialmente il pilone era una nicchia aperta, affrescata con le immagini della Madonna, del Sacro Cuore, di San Giuseppe e San Rocco. Sullo sfondo risaltava in particolare il mantello dell’Addolorata, di un blu intenso. Intorno agli Anni ’40 fu restaurato, per incarico dei proprietari, dall’impresa Menzio Luigi che lo intonacò e applicò alla nicchia una grata di protezione. I dipinti, ormai in cattivo stato di conservazione, furono sostituiti da statue, tuttavia sullo sfondo si osservano ancora due angioletti. Sulla sommità fu aggiunta una croce in metallo. Attualmente il pilone colpisce l’attenzione per due caratteristiche peculiari: le dimensioni imponenti e la semplicità della struttura. Addossato alla riva, in bella posizione in corrispondenza di un bivio, è una massiccia edicola in muratura di mattoni intonacati, a pianta quasi quadrata, con volta a botte e tetto a due spioventi coperto da coppi, chiusa anteriormente da un’ampia grata molto lineare. All’interno, su uno sfondo blu, domina una bella e grande (altezza 120 cm)statua della Madonna, in atteggiamento di supplice preghiera, con le mani giunte e lo sguardo leggermente rivolto verso destra; Ella è raffigurata col vestito bianco ed il manto azzurro. Purtroppo le statue del Sacro Cuore e dei due Santi, che erano disposte ai suoi piedi, sono state trafugate da ignoti ladri nel 1989. Attualmente vi è una statuina più piccola di S. Rocco e di S. Giuseppe, che tiene in mano il Bambin Gesù, che a sua volta regge una croce. Inoltre vi sono anche alcuni ex-voto. Di notte l’interno è illuminato da una lampadina. |
Curiosità |
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L’Addolorata veniva invocata per implorare il dono della pioggia in caso di siccità . Si ricorda inoltre un fatto straordinario avvenuto nel 1925. Un agricoltore della frazione Ponticelli di Santena fu sorpreso nei campi da una furiosa grandinata, che distrusse tutto il raccolto. Semisoffocato dal vento eccezionalmente impetuoso, riuscì a raggiungere il pilone e a rifugiarsi nella nicchia allora aperta. Qui fu poi trovato, svenuto e con gli abiti inzuppati di pioggia, ma fortunatamente salvo, dalla sig.ra Migliore Teresa, proprietaria del pilone, che gli prestò soccorso. Nella nicchia erano anche conservati, come in altri piloni di Cambiano, degli ex-voto per grazie ricevute, che sono stati anch’essi asportati dai ladri. |
Icone | |
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