I Santi Patroni della nostra comunità, Vincenzo e Anastasio. Breve cenno storico.

SAN VINCENZO di SARAGOZZA DIACONO  MARTIRE

Vincenzo, secondo la tradizione più attendibile, nacque ad Huesca, alle propaggini dei Pirenei, ma anche le città spagnole di Valencia e Saragozza ne rivendicano la nascita.

Di nobile famiglia, figlio del console Eutichio e della matrona Enola,

Vincenzo ebbe un’educazione pari al suo stato: destinato alle lettere, venne ben presto affidato dal padre a Valerio, vescovo di Saragozza, perché provvedesse alla sua formazione spirituale.

Il vescovo lo nominò diacono, considerandolo suo braccio destro ed affidandogli anche il compito di predicare in sua vece, essendo egli balbuziente.  Intanto Diocleziano scatenava la persecuzione contro i cristiani; gli editti dell’imperatore imponevano la distruzione di edifici, libri ed arredi sacri. I cristiani che ricoprivano cariche pubbliche sarebbero stati esautorati e sottoposti a torture e tutti i sudditi dell’impero, prima di compiere una qualsiasi azione pubblica, dovevano offrire sacrifici agli dèi.  In questo clima terribile il vescovo Valerio e il diacono Vincenzo non si sottrassero ai loro doveri continuando a testimoniare la loro fede e Daciano, prefetto della provincia spagnola nella quale vivevano, ordinò il loro arresto.

Quando se li trova davanti capisce che il vero nemico da combattere è il diacono Vincenzo. Manda così il vescovo in esilio e concentra tutte le sue arti persecutorie su Vincenzo, che, oltre ad essere un gran oratore, è anche un uomo che non si piega facilmente. “Vi stancherete prima voi a tormentarci – dice al governatore – che noi a soffrire”; questo manda in bestia il persecutore, che vede così messa in crisi la sua autorità e il suo prestigio.

Vincenzo è una di quelle persone che si piegano ma non si spezzano: prima lo fa fustigare e torturare; poi lo condanna alla pena del cavalletto, da cui esce con le ossa slogate; infine lo fa arpionare con uncini di ferro. Così tumefatto e slogato lo fa gettare in una cella buia, interamente cosparsa di cocci taglienti.

Nella notte Vincenzo ha una visione di angeli che gli assicurano che il suo ingresso in cielo è prossimo. I cocci di terracotta, miracolosamente, si trasformano in petali di rosa per cui Vincenzo si alza e, passeggiando nella cella divenuta luminosa, si mette a cantare. Daciano si rende conto che quella è una voce da far zittire in fretta, visto che qualcuno si è già convertito vedendolo così forte nella fede.

Vincenzo muore il 22 gennaio dell’anno 304.

Daciano per sbarazzarsi del cadavere dovette sudare: gettato in pasto alle bestie selvatiche, il suo corpo fu alacremente difeso da un corvo; venne, allora, gettato in mare, legato a una pietra. Ma le onde riportarono il corpo sulla spiaggia, dove venne recuperato e poi sepolto in una cappella, dove riposò fino al 1173. In quell’anno, re Alfonso I del Portogallo, fece traslare le spoglie del Santo in una chiesa a Lisbona a lui dedicata. Duecento anni dopo, alcune delle sue reliquie furono portate all’Abbazia delle Tre Fontane, di cui divenne contitolare insieme con S. Anastasio.

Protettore in particolare degli orfani, delle vedove e dei poveri, S. Vincenzo porta un nome che, da Vincens, è simbolo e un augurio di vittoria. Vincenzo è il vincente, colui che vince il male, qualunque esso sia. S. Vincenzo (São Vicente) è patrono di Lisbona.

Lo stemma della città raffigura la nave che trasportò i resti mortali di S. Vincenzo, dall’Algarve a Lisbona, governata, a poppa e a prua, da due corvi che vegliano sulle reliquie del santo.

Vincenzo è fra i martiri maggiormente conosciuti e venerati nel mondo cattolico e il suo culto, sin dai tempi più remoti, si è tramandato in molti paesi e non solo della Spagna sua patria. A tal proposito Agostino scriveva: “Qual’è oggi la contrada, qual’è la provincia dove si estendono l’impero romano e il nome di Cristo che non celebri con gioia l’anniversario del martirio di San Vincenzo?”. Ancora Agostino, dal 410 al 413 ogni 22 gennaio pronunciava, dalla basilica Restituta di Cartagine, discorsi in onore del diacono martire Vincenzo.

Vincenzo si festeggia ancora il 22 gennaio in diverse località dell’Europa, dell’Africa e perfino delle lontane Americhe. In Italia 91 tra parrocchie e chiese venerano il suo nome; sin dal 300 è protettore della città di Vicenza che, secondo una vecchia leggenda, ne porta il nome.

 

 

SANT’ ANASTASIO (MAGUNDAT) MARTIRE in PERSIA

Monaco persiano morto nel 628. Magundat che da suo padre Han era stato istruito nella magia, faceva parte dell’esercito persiano, incuriosito dal fatto che i cristiani venerassero la croce che era uno strumento di morte e di supplizio, ne volle conoscere i rudimenti della religione, quindi recatosi a Gerapoli nella chiesa dedicata ai martiri apprese il loro eroismo.

Ammirato, si recò poi a Gerusalemme ove ricevette il Battesimo assumendo il nome di Anastasio (“il risorto”) per indicare l’avvenuta conversione.
Fu monaco per sette anni poi andò a Cesarea di Palestina allora soggetta ai persiani e là catturato, fu sottoposto a tormenti crudeli affinché abiurasse il Cristianesimo.
Avendo fatto parte dell’esercito si chiese al re Cosroe una decisione nei suoi riguardi.

Il re comprensivo rispose che se abiurava anche davanti ad una sola persona potevano lasciarlo libero, ma Anastasio rifiutò.

Allora fu preso insieme a due altri compagni di cella e portato a Bethsaloen in Assiria (detta poi Sergiopoli) dove si trovava il re e là fu sottoposto ad altri terribili tormenti assistendo anche allo strozzamento dei due compagni e di altri sessantasei cristiani, alla fine fu strangolato e decapitato.
Le sue reliquie furono traslate a Roma durante l’impero di Eraclio intorno al 640.

Il suo capo era venerato nel monastero detto delle “Acquae Salviae” intitolato poi ai santi Vincenzo ed Anastasio alle Tre Fontane.
Una sua reliquia si venera, sempre a Roma, presso la Scala Santa.

L’effige del suo volto recata a Roma alle Tre Fontane è stata una grande sorgente di virtù miracolose fra l’altro confermate dal II Concilio Niceno.
Ancora oggi è molto venerato con la diffusione di medaglie di vari formati da portare addosso e a cui si dà molta importanza per preservare dai mali.
L’unione dei due Santi in un’unica memoria, il giorno 22 gennaio, fu sancita nel Nuovo Messale Romano del 1570.