sabato 21 aprile, Torino incontra la Comunità di Taizè
SERVIRE NELLA GIOIA :
la gioia del Vangelo ci unisce al di là delle ferite delle nostre divisioni.
VIENI, SEI IL BENVENUTO!
PERCHÈ UN INCONTRO DI TAIZÉ A TORINO?
Per interrogarci su cosa significhi servire nella nostra quotidianità
Per riflettere insieme con i fratelli di Taizé e con altri giovani sul significato della gioia
Per unire le chiese torinesi nella preghiera, con canti e silenzio
Per incontrare le persone che vivono il Vangelo in mezzo alle sfide di oggi
TAIZÉ, UN’ESPERIENZA DI ACCOGLIENZA
La comunità di Taizé nasce da un’esperienza di accoglienza.
Nel dopoguerra Roger Schutz e la sorella Geneviève ospitano profughi, alcuni ebrei e ex prigionieri di guerra, per lo più tedeschi, nella loro casetta in Borgogna; li accompagnano per un tratto di vita, finché non sono in grado di riprendere la loro strada.
Sobrietà, per non dire povertà, e rispetto ne sono gli ingredienti essenziali. A questi, nel cuore e nella vita di fr. Roger, si aggiungono il silenzio e la preghiera, una forte tensione spirituale, il desiderio di riconciliazione, il sogno dell’unità dei cristiani.
Piano piano, alcuni, sia cattolici sia riformati, lo raggiungono e così, sulla collina di Taizé, nasce una cosa inaspettata: una comunità monastica ecumenica a carattere internazionale che diverrà presto un punto di riferimento prezioso per migliaia di giovani che, da tutto il mondo, andranno a Taizé «come a una sorgente».
Oggi la comunità conta un centinaio di fratelli, cattolici e di diverse origini evangeliche, provenienti da quasi trenta nazioni. Attraverso la sua semplice esistenza, ama definirsi “parabola di comunione”: segno concreto di riconciliazione tra cristiani divisi e tra popoli separati. Fr. Roger è morto il 16 agosto del 2005, a 90 anni. Fr. Alois Löser, scelto da tempo da fr. Roger come suo successore, è ora il priore della comunità.
La comunità di Taizé nasce da un’esperienza di accoglienza.
Nel dopoguerra Roger Schutz e la sorella Geneviève ospitano profughi, alcuni ebrei e ex prigionieri di guerra, per lo più tedeschi, nella loro casetta in Borgogna; li accompagnano per un tratto di vita, finché non sono in grado di riprendere la loro strada.
Sobrietà, per non dire povertà, e rispetto ne sono gli ingredienti